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LA PRIMAVERA DEL DIALOGO

In occasione della Giornata Internazionale della Poesia, il 21 marzo scorso la Sezione di Sassari della FIDAPA ha organizzato una interessante serata di letture e condivisione. Grazie alla moderazione della Presidente Maria Tina Maresu e davanti ad un pubblico attento e partecipativo, si sono alternate numerose socie che hanno presentato e letto i versi da loro stesse scelti e in alcuni casi anche composti. La serata è stata dedicata al popolo armeno e alle sue Donne che lottano ogni giorno per una vita migliore. A tutti i presenti sono stati consegnati i testi delle poesie sia nella lingua originale che nella traduzione italiana per facilitarne la comprensione.

MARIA TINA MARESU ha scelto:

alda-merini

Sono nata il ventuno a primavera

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
– Alda Merini –


grazia-deledda

Noi siamo sardi

Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi,
romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono
sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo,
lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.
Siamo il regno ininterrotto del lentisco,
delle onde che ruscellano i graniti antichi,
della rosa canina,
del vento, dell’immensità del mare.
Siamo una terra di lunghi silenzi,
di orizzonti ampi e puri, di piante fosche,
di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi.

– Grazia Deledda –

ADELE LORIGA ha letto una propria poesia:

colori-caldi

Il calore dei colori

Faccio fatica a sopportare troppe verità.
Verità gli occhi
che sono la tua chiave.
Verità le mani grandi.
Verità il sorriso
che è fiore della tua vita.
Verità è il settembre
che sul filo dell’autunno
canta e s’infiamma di foglie rosse.
Il verde mi assomiglia e ti assomiglia
ma non c’è verde nell’inverno che ami
ma l’attesa della prima brina di febbraio
che annuncia la primavera.
Il rosso e l’azzurro
battezzano il mio cuore
dentro una stella
e posso gridare
che sei la stagione taciuta
tutti i miei fiori dipinti
nati dentro la tua e la mia bocca.
Nuda nella mia verità
mi vedo dolore appassito
equilibrio perso e ritrovato.
Libera dal buio
persa nella luce
senza smarrimenti mi indichi il cammino
che è roccia, che è dubbio
col niente dietro, col niente davanti
con noi
con le nostre verità.
La meraviglia è il giovane vigneto
che cresce col calore dei nostri colori
perché quando ci si ama
anche il ciclo non è tormento
ma diviene abito bianco da sposa.

AFSHANE ha letto una poesia persiana:

cuore-amore

Ho bussato alla porta dell’osteria, io vagabonda
Dammi da bere, ho chiesto,
così che dimentichi me stessa!
Ho visitato cento templi, ahimè
dopo tanto ho trovato il mio amore
qui, in questa osteria
guardando nel calice mi sono trasformata
in una farfalla, libera di me stessa.
E’ vero, ho trovato il sole dell’amore eterno
in quel calice, e mi sono ubriacata al suo calore
Non pensare che questo amore lo abbia trovato da sola
E’ stato lui che ha voluto che lo trovassi
Questa è la realtà
Da quel momento è stato inciso nel mimo cuore
Amico mio, venderò questo sole dell’osteria
neanche in cambio di cento templi!

ANNA SOTGIU ha letto:

giacomo-leopardi
Giacomo Leopardi

L’Infinito

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

– Giacomo Leopardi –

ANGELIKA HORST ha letto:

Hermann-Hesse
Hermann Hesse

Gradini

Come ogni fior languisce e
giovinezza cede a vecchiaia,
anche la vita in tutti i gradi suoi fiorisce,
insieme ad ogni senno e virtù, né può durare eterna.
Quando la vita chiama, il cuore 
sia pronto a partire ed a ricominciare,
per offrirsi sereno e valoroso ad altri, nuovi vincoli e legami.
Ogni inizio contiene una magia 
che ci protegge e a vivere ci aiuta.
Dobbiamo attraversare spazi e spazi,
senza fermare in alcun d’essi il piede,
lo spirto universal non vuol legarci,
ma su di grado in grado sollevarci.
Appena ci avvezziamo ad una sede
rischiamo d’infiacchire nell’ignavia:
sol chi e’ disposto a muoversi e partire
vince la consuetudine inceppante.
Forse il momento stesso della morte 
ci farà andare incontro a nuovi spazi:
della vita il richiamo non ha fine….
Su, cuore mio, congedati e guarisci!

– Hermann Hesse –

AURETTA CARTA ha letto:

sardegna-sardinia

Incantu priziosu / Incanto prezioso

Ischultendi a te / Ascoltando te
parauri di vita e di fora / parole di vita e di favola
drentu a lu sirenziu / dentro il silenzio
d’un nuraghi, / di un nuraghe
zicchirri di morthi / grida di morti
e ninnia di gioguru / e cantilene di culla
in li grutti sigreti / nelle grotte segrete
cazzigaddi da pedi nimigu. / calpestate da piede nemico
Da l’ischogli vintosi / Dagli scogli ventosi
millenari sireni / millenarie sirene
ancora cantani / ancora cantano
merudia di tuimentu / melodia di tormento
e li me’ arecci / e le mie orecchie
so’ aberthi a l’incantu. / sono aperte all’incanto.
Figgiurendi a te / Guardando te
prendi d’oru in lu trigu / gioielli d’oro nel grano
verdhi immeraldhu / verde smeraldo
i li fogli vinzidori / nelle foglie vincitrici
di lu fogu / del fuoco
e di la mara siccagna. / e della cattiva siccità.
Da la firidda / Dalla ferita
di la meragranada / della melagrana
rubini azzesi isghottiani / rubini accesi sgocciolano
e li me’ labbri / e le mie labbra
so’ aberthi a l’incantu. / sono aperte all’incanto.
Attuppendi a te, / Incontrando te
indumabiri ghirrera / indomabile guerriera
pusada a ipirrioni / seduta a cavalcioni
d’un cabaddu fadadu / di un cavallo fatato
eu boru sobr’ari di tempu / io volo sopra ali di tempo
finz’a l’umbra ricca di soni / fino all’ombra ricca di suoni
di ru sirenziosu nuraghi. / del silenzioso nuraghe.
Da li fiori l’ipigura / Dai fiori di lavanda
di lu zeru / del cielo
luzi d’isthoria / luce di storia
torra a fassi noba / torna a farsi nuova
i l’occi mei ipampanadi / nei miei occhi spalancati
a l’incantu toiu / al tuo incanto
Sardhigna priziosa / Sardegna preziosa
marabigliosa profunda piuta / meravigliosa profonda impronta
di ru putenti pedi dibinu. / del potente piede divino.

Pseudonimo “Millenaria Sirena” Primo Premio ex aequo “Premio Poesia Rosilde Bortolotti – FIDAPA, 1998”

CARLA PETRETTO ha letto:

Malala
Malala

Malala

Mettete carta e penna nelle nostre mani
Perché con le armi non ci distruggano il domani!”
Il grido di Malala sia ascoltato,
del diritto allo studio nessuno deve essere privato.
È ancora una bambina ma non ha paura,
sa che non c’è pace senza cultura,
sa che l’ignoranza crea sofferenza
e che alimenta ingiustizia e violenza.
Così con coraggio va a scuola ogni giorno
cosciente del rischio di non far più ritorno.
Nel suo paese pensieri un po’ strani
stan nella testa dei talebani:
“Le femmine a scuola non devono andare,
ma devon soltanto servire e pregare
perché non è sano e non è morale
far ciò che solo l’uomo deve e può fare”.
Malala, con grande tenacia e coraggio,
vuole sconfiggere un brutto retaggio,
ma questo non piace a quella gente strana,
Malala non rispetta la legge talebana.
Perciò va zittita senza alcuna pietà,
questa bimba che anela alla libertà.
Così un giorno qualunque, un giorno di scuola,
lei cade per terra, distesa, da sola.
I suoi sogni in un lampo ha visto svanire
perché s’è sentita d’un tratto morire.
Resisti, Malala, non è la tua ora,
è tempo di vivere e lottare ancora,
metti la penna nelle tue mani,
è l’arma che può migliorare il domani!

– Germana Bruno –

CRISTIANA PIAZZA ha letto:

donne-felici

Le donne

Ci sono le donne…
e poi ci sono le donne donne.
E quelle non devi provare a capirle,
sarebbe una battaglia persa in partenza.
Le devi prendere e basta.
Devi prenderle e baciarle,
e non dare loro il tempo di pensare.
Devi spezzare via,
con un abbraccio che toglie il fiato,
quelle paure che ti sapranno confidare
una volta soltanto,
a bassa bassissima voce.
Perché si vergognano delle proprie debolezze e,
dopo avertele raccontate, si tormenteranno
– in un agonia lenta e silenziosa –
al pensiero che scoprendo il fianco e mostrandosi umane
e facili e bisognose per un piccolo fottutissimo attimo,
vedranno le tue spalle voltarsi ed i tuoi passi allontanarsi.
Perciò prendile e amale.
Amale vestite, e senza trucco
che a spogliarsi sono brave tutte.
Amale indifese e senza trucco,
perché non sai quanto gli occhi
di una donna possono trovare scudo
dietro un velo di mascara.
Amale addormentate, un po’ ammaccate
quando il sonno le stropiccia.
Amale sapendo che non ne hanno bisogno,
sanno bastare a se stesse.
Ma appunto per questo,
sapranno amare te come
nessuna prima di loro.

– Antonia Storace –

FEDERICA SALARIS ha letto:

Victor-Hugo
Victor Hugo

Domani all’alba

Domani all’alba, nell’ora in cui imbiancano i campi,
partirò. Vedi, lo so che tu mi aspetti.
Vagherò per la foresta, vagherò per la montagna.
Non posso restare lontano da te più a lungo.
Camminerò con gli occhi fissi sui miei pensieri,
senza vedere niente attorno, senza ascoltare rumori,
solo, sconosciuto, schiena curva, mani giunte,
triste, e il giorno sarà per me come la notte.
Non guarderò né l’oro della sera che tramonta,
né le vele che verso Harfleur discendono da lontano
e quando arriverò, metterò sulla tua tomba
un mazzo di agrifoglio verde e di erica fiorita.

– Victor Hugo –

FRANCESCA ARCA ha letto:

Wislawa-Szymborska
Wislawa Szymborska

Nato

Dunque è sua madre.
Questa piccola donna.
Artefice dagli occhi grigi.
La barca su cui, anni fa,
lui approdò alla riva.
È da lei che si è tirato fuori
nel mondo,
nella non-eternità.
Genitrice dell’uomo
con cui salto attraverso il fuoco.
È dunque lei, l’unica
che non lo scelse
pronto, compiuto.
Da sola lo tirò
dentro la pelle a me nota,
lo attaccò alle ossa
a me nascoste.
Da sola egli cercò
gli occhi grigi
con cui mi ha guardato.
Dunque è lei, la sua Alfa.
Perché mai me l’ha mostrata?
Nato.
Così è nato, anche lui.
Nato come tutti.
Come me, che morirò.
Figlio d’una donna reale.
Uno giunto dalle profondità del corpo.
In viaggio verso l’Omega.
Esposto
alla propria assenza
da ogni dove,
in ogni istante.
E la sua testa
è una testa contro un muro
cedevole per ora.
E le sue mosse
sono tentativi di eludere
il verdetto universale.
Ho capito
che è già a metà cammino.
Ma questo a me non l’ha detto,
no.
“Questa è mia madre”
mi ha detto soltanto.

– Wislawa Szymborska –

GAVINUCCIA SOLINAS ha letto:

telaio-tessitura

Cun danzas de filu / Con le danze del filo

Lea su filu / Prendi il filo
e torralu a intritzare / e seguita a intrecciarlo
pro in su tessinzu / per fare in modo che nella tela
paraulas assentare. / tu possa ricamare le parole.
Cando sas dies current a sas oras / Quando i giorni corrono e le ore
una randa muda muda / un merletto
lassada in lassa / adagiato morbidamente
nd’at ischidadu / ha risvegliato
custumantzias che grascia. antiche usanze, come per miracolo.
A mamas, muzzeres, femminas e batias, / A madri, mogli, donne, vedove
cammineras de beranos / cammini di primavere
pijias de saviesa / rughe di sapienza
in cara l’ant pintadu. / hanno dipinto sul volto.
Cun laras istrintas / Con labbra serrate
non lastimes ammentos / non rimpiangere i ricordi
né t’anniches / non inquietarti
cun sa mudas de sos tempos. / con il cambiare dei tempi.
A bellu a bellu su filu lea / Serenamnte prendi il filo
e sighi a l’intritzare / e continua a intrecciarlo
intre danzas de manos cabbales / fra danze di mani operose
rughes trazende / trascinando croci
e passentzias in mudesa tessende / e con pazienza tessendo in silenzio
siddados d’erentzias. / costellazioni di tradizooni antiche.
Bordadora de isperas / Ricamatrice di speranze
in terra assoliada / in questa terra assolata
mucaloros cosis / cuci fazzoletti
bunneddas e coritos / gonne e corpetti
chena istejiare / senza allontanare
cudda boghe antiga / quella voce antica
sos ojios imbetzendeche / invecchiandoti gli occhi
in su telarzu de sa vida. / sul telaio della vita.

– Rachele Falchi –

GRAZIA ELISABETTA CORADDUZZA ha letto una propria poesia:

grano-campo

Chissu muccaroru di terra

Rimusu i l’intragniu di lu cori è
l’ammentu di chissu muccaroru di terra
chi babbu abia ereditadu da giaiu
Poghi aribi e l’aiburu di la carìasgia caraffari,
all’ombra di la banca fatta a predda indì
Noi tutti ingiru zi pousabami, candu mamma
assintaba poghi aranza e casche pani chi impasthia,
misurendi a dugnunu la giusta cantidai.
Tuttu in giru era fattu d’incantu poi la sera,
candu lu sori si n’andaba a carignà lu mari e
la luna ridia a l’istelli, più forthi si intindia
lu profumu arestu di rughita, giampani e
finocceddu cumunu a primabera.
Noi curriami firizi, vurendi che meruri,
in zesca di pruna, figa iscritta, mendura ischicciatita.
E zia Annetta accunzendesi lu mognu,
ippassiggiaba infira a la cuneta accugliendi
apara pumposa di fiori bianchi, chi suffrissaba
impari a la ziccoria, i l’incantu di la campagna
pitturada di giazinti in curori di mari, chi giaia
abia piantadu, chidda dumeniga di muddina,
a adrunnà la caminera signada da
lacani e magari di sempre in fiori, chi mamma
figuraba, carignerendiri a frianu.
Babbu cuntentu ridia cun l’occi
murighendi li poghi soschi,disegnendi cun amori
in chissa terra ricca di passioni, inghiriadda
d’edera eterna, sempre verdhi, abbuzzadda che
innammurada a lu muru isciaradu da noi,
chi, sudadi di firizzidai, brincabami,
pissighendi mariposi e tirigheti ipasimati.
Cantabani li chiguri e lu rissignoru sempri
innammuradu lu cuccu mandroni ripundia,
furendi cariasgia i ra campagna incantada da
profumi d’amenta, di salvia,e rumasinu.
Ah! Ma musiga più bedda no v’era e
lu cori in pettu forthi, forthi ti battia,
candu mamma intunaba chidda
canzona appassiunada, d’un epoca lontana,
chi l’eco di la baddi, mudda e sora,
ripundia, i lu rimpiantu d’un amori
pessu e mai turradu!

LISA DI STEFANO ha letto:

alberi-primavera

La primavera

Y cuando suelta la tarde
ariscas sombras del cielo,
sube otra nube del agua
lenta de garzas y teros.
¡Qué susurro de plumajes
lleva en sus ancas, el viento;
y qué primavera la hoja
celosa de ojos abiertos!
Por todo lo que no tuve
lo que perdí y no me acuerdo,
canto septiembres de luz,
primaveras del encuentro.
Libertad de la ramita
que vence sola un invierno.
Primavera que me vuelve
el corazón, casi eterno.
Ella andaba por la vida
livianita de caricias
cesante de halago y besos
yo venía de otra noche
remando con desencuentros…
¡Cómo pasa y cómo vuelve
el vino que llevo adentro!
¡Qué primavera la línea
del horizonte azulenco!
Tal vez no me espera nadie…
Tal vez, ya todos se fueron.
Tal vez voy siendo nomás
suspiro solo, sin dueño;
exhalación de mis montes,
gorrioncito querenciero…
¡Qué primavera la vida
que ardida prende de nuevo!
Y cuando venga la sombra
por talas, leguas y sueños
a inundarme la garganta
con provincias de silencio;
cantaré con las calandrias,
cardenales, benteveos…
¡Qué primavera de cantos
me fui sembrando en los huesos!

– Miguel Angel Federik –

MARIA CHIARA OCCHIONERO ha letto:

Chimamanda-Ngozi-Adichie
Chimamanda Ngozi Adichie

Quindici consigli per crescere una figlia femminista

1) La maternità è un dono fantastico, ma evita di definirti solo in termini di maternità. Sii una persona completa. Mai chiedere scusa per il lavoro. Tu ami quello che fai, e amare ciò che si fa è un grande dono da dare a tua figlia.
2) Non essere perfezionista, condividi la cura dei bambini allo stesso modo. Chiedi aiuto. Pretendi aiuto. Non esistono le Superdonne.
3) Non dire mai a tua figlia che deve fare una cosa o che non la deve fare ”perché sei una femmina”. Perché sei una femmina non è mai una buona ragione. In nessun caso.
4) Attenzione al pericolo di quello che io chiamo Femminismo Lite, l’idea di una uguaglianza femminile al condizionale. Bisogna credere nella piena uguaglianza delle donne. Esempi? Una donna dovrebbe essere ambiziosa, ma non troppo. Una donna può avere successo, ma deve anche fare i suoi ‘doveri domestici’ e cucinare per il marito. Naturalmente una donna dovrebbe avere un posto di lavoro, ma l’uomo è ancora capo della famiglia.
5) Insegnale ad amare i libri. Se ti vede leggere, lei capirà che la lettura è preziosa. I libri l’aiuteranno a capire e mettere in discussione il mondo, la aiuteranno ad esprimersi e a capire quello che vuole diventare.
6) Attenzione con le parole, il linguaggio è il repository dei nostri pregiudizi, le nostre credenze, i nostri presupposti. Se la chiami ‘principessa’ le stai indicando che un principe verrà a salvarla. Meglio ‘angelo’ e ‘stella’.
7) Mai parlare di matrimonio come una conquista. Trovare il modo di renderle chiaro che il matrimonio non è una conquista né è quello cui dovrebbe aspirare. Un matrimonio può essere felice o infelice, ma non è una conquista.
8) Insegnale a non porsi secondo simpatia. Non deve valere per questo ma per onestà, consapevolezza e umanità
9) Insegnale ad essere orgogliosa della propria cultura di origine e a rispettarla
10) Incoraggiala a fare ogni tipo di sport, falla truccare se le piace. Non pensare che la fai crescere femminista respingendo la femminilità. Il femminismo e la femminilità non si escludono a vicenda.
11) Insegnale a mettere in discussione l’uso selettivo della nostra cultura della biologia come «ragione» per le norme sociali. Spesso usiamo la biologia per spiegare i privilegi che gli uomini hanno.
12) Parla con lei di sesso e inizia presto. Sarà probabilmente un po’ imbarazzante ma è necessario.
13) Prova ad essere la madre a cui lei può parlare di tutto.
14) Fai attenzione a non trasformare gli oppressi in santi. La santità non è un pre-requisito per la dignità.
15) Insegnale la differenza. Perché la differenza è la realtà del nostro mondo. E insegnandolo la stai dotando a sopravvivere in un mondo diversificato.

– Chimamanda Ngozi Adichie –

MARIAM ha letto una poesia persiana:

Caspar-David.Friedrich-Abend

Quando le grazie divine si sono rivelate
hanno promesso l’avvento del sole di Bahà.
Il loro raggio luminoso
ha reso i nostri cuori puri nell’oscurità della notte.
Mentre ardo di desiderio per Lui
sono incapace di esternare i miei sentimenti indomabili
in quanto Egli ha acceso le fiamme di fuoco
nel mio cuore e nella mia anima.
Il Suo messaggio divulga la luce di letizia nei cuori
e impone di cantare per la felicità.
L’amore per il Suo volto brucia la mia anima
mentre mi trovo nella solitudine dei miei sogni.
Perciò il mio cuore non avrà più spazio
per l’arroganza e per l’odio.
La stagione verde dei fiori è alle porte.
Cogli anche tu il bocciolo dell’amore di Bahà.
In nome di Dio
sono colmo dell’amore per Lui
e vorrei donargli la mia vita.

MARIA LUISA CASIRAGHI ha letto una propria poesia:

cerbiatti

La vita

Occhi di cerbiatto
profumo di cannella
difficile dire della vita.
La cogli tra le rughe
forgiate dal tempo
sui visi dei vecchi.
La scorgi nei ricordi
e nei luoghi vissuti
in tempi passati.
La senti sfuggire
fra le mani umide
bagnate di rugiada.
La insegui nella nebbia
verso il nulla
nel silenzio.
La agguanti giorno e notte
con rabbia, lottando
tra sussurri e grida.
La colmi in un lampo
di senno e follia
perché non finisca più in fretta.
La tieni stretta
nel tuo cuore
mormorando parole d’amore.
Occhi di cerbiatto
profumo di cannella
la vita è un sogno
da non sprecare.

MARIA ISA SARULLO ha letto:

victor-hugo
Victor Hugo

L’uomo e la donna

L’uomo è la più elevata delle creature.
La donna è il più sublime degli ideali.
Dio fece per l’uomo un trono, per la donna un altare.
Il trono esalta, l’altare santifica.
L’uomo è il cervello. La donna il cuore.
Il cervello fabbrica luce, il cuore produce amore.
La luce feconda, l’amore resuscita.
L’uomo è forte per la ragione.
La donna è invincibile per le lacrime.
La ragione convince, le lacrime commuovono.
L’uomo è capace di tutti gli eroismi.
La donna di tutti i martìri.
L’eroismo nobilita, il martirio sublima.
L’uomo ha la supremazia.
La donna la preferenza.
La supremazia significa forza;
la preferenza rappresenta il diritto.
L’uomo è un genio. La donna un angelo.
Il genio è incommensurabile;
l’angelo indefinibile.
L’aspirazione dell’uomo è la gloria suprema.
L’aspirazione della donna è la virtù estrema.
La gloria rende tutto grande; la virtù rende tutto divino.
L’uomo è un codice. La donna un vangelo.
Il codice corregge, il vangelo perfeziona.
L’uomo pensa. La donna sogna.
Pensare è avere il cranio di una larva;
sognare è avere sulla fronte un’aureola.
L’uomo è un oceano. La donna un lago.
L’oceano ha la perla che adorna;
il lago la poesia che abbaglia.
L’uomo è l’aquila che vola.
La donna è l’usignolo che canta.
Volare è dominare lo spazio;
cantare è conquistare l’Anima.
L’uomo è un tempio. La donna il sacrario.
Dinanzi al tempio ci scopriamo;
davanti al sacrario ci inginocchiamo. Infine:
l’uomo si trova dove termina la terra,
la donna dove comincia il cielo.

– Victor Hugo –

PAOLA ROTELLI ha letto:

alda-merini
Alda Merini

A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.

– Alda Merini –

ROSALBA CRILLISSI ha letto:

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Madre Teresa di Calcutta

Non aspettare

Non aspettare di finire l’università,
di innamorarti,
di trovare lavoro,
di sposarti,
di avere figli,
di vederli sistemati,
di perdere quei dieci chili,
che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
la primavera,
l’estate,
l’autunno o l’inverno.
Non c’è momento migliore di questo per essere felice.
La felicità è un percorso, non una destinazione.
Lavora come se non avessi bisogno di denaro,
ama come se non ti avessero mai ferito
e balla, come se non ti vedesse nessuno.
Ricordati che la pelle avvizzisce,
i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.
Ma l’importante non cambia:
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela.
Dietro ogni traguardo c’è una nuova partenza.
Dietro ogni risultato c’è un’altra sfida.
Finché sei vivo, sentiti vivo.
Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere.

– Madre Teresa di Calcutta –

SABINA USELI ha letto una propria poesia:

uccelli-in-volo-stormo

Ultimi giorni

Non abbassar le tende
vorrei vedere il cielo come il vento insegue le nubi
e le lascia riposare.
Non abbassar le tende
vorrei veder le rondini che sento nell’aria
ricordare i miei giorni vissuti
lascia che lo sguardo vada oltre la stanza
a cercare la vita in cui mi voglio ritrovare
e resta in silenzio insieme a me.

SERENA CANSELLA ha letto:

marino-moretti
Marino Moretti

La domenica dei cani randagi

Chinar la testa che vale?
E che val nova fermezza?
Io sento in me la stanchezza
del giorno domenicale.
Lentamente camminando
nella città sconosciuta
dov nessuno mi saluta
fuorché un cane e quando e quando…
Nessuno mi accorda uno sguardo
nemmen, che so? d’ironia
fuorché un cagnolo bastardo
che incontro per la via.
Nessuno pensa che io posso
essere il triste mendico
che chiede, invece che un tozzo
di pane, un palpito amico.
Nessuno sa che io mi lagno
e vago senza perché,
nessuno fuorché
tu, mio raccolto compagno!
Tu che su ciglio due buone
lacrime ancor da seccare;
tu, tu che cerchi un padrone
come io cerco un focolare;
tu che mi segui sperando
ch’io possa darti l’avanzo
d’un malinconico pranzo
o una carezza o un comando,
tu che hai l’aspetto burlone
d’un tale che mi ammonì;
tu che fosti un Leone,
tu, tu che fosti un Jolì;
tu che avesti per amico
l’organo di Barberia
che dona il cuore mendico
un soldo di nostalgia;
tu che dimeni la coda
alle mie lorde calcagna
quasi ch’io fossi una cagna,
una cagnetta alla moda;
tu che cerchi di annusare
le mie scarpe tratto tratto
perché vuoi loro dimandare
quanti chilometri ho fatto.

– Marino Moretti –

SILVIA DETTORI ha letto:

Charlotte-Perkins
Charlotte Perkins

To the indifferent women

You who are happy in a thousand homes,
Or overworked therein, to a dumb peace;
Whose souls are wholly centered in the life
Of that small group you personally love;
Who told you that you need not know or care
About the sin and sorrow of the world?
Do you believe the sorrow of the world
Does not concern you in your little homes? —
That you are licensed to avoid the care
And toil for human progress, human peace,
And the enlargement of our power of love
Until it covers every field of life?
The one first duty of all human life
Is to promote the progress of the world
In righteousness, in wisdom, truth and love;
And you ignore it, hidden in your homes,
Content to keep them in uncertain peace,
Content to leave all else without your care.
Yet you are mothers! And a mother’s care
Is the first step toward friendly human life.
Life where all nations in untroubled peace
Unite to raise the standard of the world
And make the happiness we seek in homes
Spread everywhere in strong and fruitful love.
You are content to keep that mighty love
In its first steps forever; the crude care
Of animals for mate and young and homes,
Instead of pouring it abroad in life,
Its mighty current feeding all the world
Till every human child can grow in peace.
You cannot keep your small domestic peace
Your little pool of undeveloped love,
While the neglected, starved, unmothered world
Struggles and fights for lack of mother’s care,
And its tempestuous, bitter, broken life
Beats in upon you in your selfish homes.
We all may have our homes in joy and peace
When woman’s life, in its rich power of love
Is joined with man’s to care for all the world.

– Charlotte Perkins –

VANNINA OBINO ha letto una propria poesia:

angelo-statua

Per Starline

Guardavo il tuo viso, il tuo sguardo intenso
e pensavo a tormenti di donna, a rivolte nascoste
eri bella nel tuo volere far capire civiltà diverse
e tragedie di bimbe innocenti.
Ti guardavo e pensavo al tuo mondo
a millenni di soprusi, silenzi, mutilazioni
in nome di un Dio
ti ammiravo
poi una mano crudele spezzònla tua vita
la fiaccola cadde dalle tue mani
ora sono in molte a tenerla stretta
non tutto è vano, non tutto si perde
quando si ama si combatte ancora.

VITTORIA GIUA ha letto:

nuvole

Un gioco che vuoi

Insieme una dimora bastava
Con il gioco che vuoi
È alternare a distanza
Due case, ognuna il poco che basti
E dirle “arrivederci”.
Lasciata luna pregna del suo carico
Sorprendi nell’altra una vacanza di te
Che non cede ma resiste
Come a nuovo venuto.
Un gioco che vuoi
Tra i quadri che ti ignorano
E le cose che stentano
A riadattarsi in dimora
Non ti rimane che assistere,
come da fuori, all’assenza di me.
O salutarmi nuova?
Un gioco che vuoi.
E finchè vale hai in serbo
Un sorriso vagabondo
Raggiunge le case
Se ad una ad una
Ed insieme infine
Ammettono e confidano
Che han nome “arrivederci”
Un gioco che vuoi.
Ma io non gioco più

– Paola Clemente –

A te stanotte

L’ultimo cielo blu notte
Schivando il taglio dei ginepri
Snida la fonda accoglienza
D’un raduno acquattato di stelle
E lo fa scivolare su tappeti di velluto
Sino a me perché vi partecipi.
Io ferma, minima come cespuglio
Ora arrivo dove sei arrivato e ti vedo,
incredula, nello splendore.
Sei Luce nella valle della Promessa,
sei voce nella valle dell’Ascolto,
sei Verità nella valle del Sempre.
Il canto in offertorio ti dono il mio stupore
In ginocchio la sofferta solitudine,
ma, ascoltami, ti prego, ascoltami,
accompagna per sempre i tuoi cari
Le stelle rimettono le ali
riprendono il volo che distilla suoni e colori
e lungo il canto della trasfigurazione
ti riportano alla casa del Padre.
Ma l’altissimo cielo blu notte
Schivando il taglio dei ginepri
Lascia, in quest’angolo d’eterno,
che la speranza si dilati.

– Paola Clemente –

VIRGINIA ORUNESU ha letto:

maya-angelou
Maya Angelou

Eppure mi rialzo

Puoi infangarmi nella storia
con le tue amare, contorte bugie.
Puoi schiacciarmi nella terra
ma, come la polvere, io mi rialzo.
La mia sfacciataggine ti disturba?
Perché sei afflitto dallo sconforto?
Perché cammino come se avessi pozzi di petrolio
che pompano nel mio salotto.
Proprio come le lune e i soli,
con la certezza delle maree,
come le speranze che volano alte,
io mi rialzo.
Volevi vedermi spezzata?
Con la testa china e gli occhi bassi?
Spalle cadenti come lacrime,
indebolite dai pianti della mia anima?
La mia immodestia ti offende?
Non te la prendere così tanto
solo perché io rido come se avessi miniere d’oro
scavate nel mio giardino
Puoi ferirmi con le tue parole,
puoi trafiggermi con i tuoi sguardi,
puoi uccidermi con il tuo odio,
eppure, come la vita, io mi rialzo.
La mia sensualità ti disturba?
Ti coglie di sorpresa
Che io danzi come se avessi diamanti
alla confluenza delle mie cosce?
Dalle capanne della storia ignobile
io mi rialzo.
Da un passato radicato nel dolore
io mi rialzo.
Sono un oceano nero, impetuoso e vasto
che traboccante e gonfio avanza con la marea.
Lasciandomi indietro notti di terrore e paura
io mi rialzo
in un nuovo giorno miracolosamente chiaro
Io mi rialzo
Portando i doni lasciati dai miei antenati,
sono la speranza e il sogno dello schiavo.
E così mi rialzo,
mi rialzo
mi rialzo!

– Maya Angelou –

Un pensiero su “LA PRIMAVERA DEL DIALOGO

  • ozopiizur

    Complimenti! Molto interessante!

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