Antibiotici contro l'intolleranzaMaurizio CasuStorie curative

E SE A NATALE…

di Maurizio Casu

I primi cartelloni vennero installati vicino al duomo. Enormi, sfondo fra il grigio e la cenere, con in primo piano una scritta a caratteri cubitali, divisa in due colonne. Nuova apertura. Il bianco brillante delle lettere pareva così pulito e puro da lasciar presagire grandi cose, una metafora per elevare lo spirito dallo sfondo fosco delle nostre misere esistenze.

Nessuna ragione sociale, nessun indirizzo, nessuna data. Una campagna pubblicitaria davvero singolare che accese le più fervide fantasie negli abitanti della modesta cittadina. Alcuni sostenevano di sapere, altri cercavano invano in rete, perfino la televisione locale dedicò un intero servizio alla notizia. I parroci, dal canto loro, cercavano di redarguire i fedeli. Vedevano l’ossessione dilagare, ma in segreto anch’essi si sentivano incuriositi.

“Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” e la mente correva al mirabolante evento che li aspettava. Io pronunciavo pubblicamente parole di ludibrio nei confronti della massa, apertamente attratta da quei misteriosi cartelloni. Gregge di pecore, falene attratte dalla luce di una lanterna, allocchi. Una notte, tuttavia, mi ritrovai inebetito a fissare il bianco della scritta, illuminata da un lampione. Una notte buia, rischiarata dal candido color latte scagliato sul torbido fumo di Londra.

Qualche settimana dopo si sparse la voce che nella zona industriale era comparso un nuovo capannone, un cuboide nero, talmente lucido che ci si poteva specchiare sopra. L’associazione dei commercianti immediatamente insorse, una nuova catena, un nuovo concorrente, una multinazionale. Chi aveva rilasciato i permessi? Anche in politica l’opposizione accusava la maggioranza che si difendeva accusando a sua volta la precedente amministrazione.

Intanto iniziava la spola dei curiosi, mi ritrovai ad allungare la strada al rientro dal lavoro per dare una sbirciatina e disprezzare quelli che erano andati appositamente a curiosare. Io? Passavo per caso. Finalmente apparvero in città dei nuovi cartelloni con una data. Una data ed un orario che crearono grande sdegno da lasciar presagire un flop totale. Risi di gusto, se lo meritavano quei fessi, compratori compulsivi, scimmiette ammaestrate.

La data era 24 dicembre e l’ora 23:59. L’argomento divenne tabù, citato solo in qualche sermone. Parabola negativa della società moderna, il profano che si sostituisce al sacro in modo irriverente e blasfemo, ma non questa volta, non in questa città. I commercianti reagirono con saldi, black friday e notti bianche nelle quali i cartelloni della nuova apertura apparivano ormai sbiaditi. Sbiaditi ma non dimenticati nei cuori dei curiosi.

Un tarlo si era insinuato nei loro pensieri. La fantasia correva veloce e ancora alcuni sostavano davanti al locale nelle notti di luna piena. Li spiai nascosto dietro alle belle palmette piantate di fresco nel viale che portava al misterioso cuboide. Che pena facevano. Ormai mancavano pochi giorni alla vigilia di Natale. L’importanza della festività venne ribadita ovunque, la cena in famiglia, la messa in comunità, lo scambio dei doni, i negozi chiusi. I negozi chiusi!

Il sindaco, in base alle nuove leggi, non poteva impedire l’inaugurazione, ma moralmente, da buon cristiano sapeva cosa fare e lo sapevano anche i suoi concittadini. L’opposizione senza scrupoli, senza morale, si sarebbe comportata in altro modo, ma lui no! Lui era il prescelto, l’eletto. La notte più attesa dell’anno, quella della rinascita, dei buoni propositi, della nuova apertura, finalmente arrivò.

Un’epidemia influenzale colpì all’improvviso la quasi totalità della popolazione. Le prenotazioni nei ristoranti furono annullate, così come i cenoni in famiglia. Quella sera rimasi da solo, le vigilie mi portano sempre malinconia e cinismo in egual misura. Intorno alle 22:00 decisi di fare un giro in auto, la piazza del duomo era deserta e dal portone centrale della chiesa fuoriusciva una luce talmente tenue da sembrare sconsolata. Stavo per rientrare a casa quando mi balenò un’idea, una curiosità, prima tenue, poi sempre più forte, morbosa.

Nella mia mente diventava impellente la voglia di andare a vedere. Nuova apertura. Non ci sarebbe stato nessuno, magari avrei parcheggiato l’auto un po’ distante e mi sarei avvicinato a piedi, giusto per dare uno sguardo. Se avessi colto in flagrante qualche curioso! La notte di Natale, all’inaugurazione di un negozio! Follia! Che risate mi sarei fatto! Mi diressi verso la zona industriale e già in lontananza un bagliore di colore violetto attirò la mia attenzione. Pareva un’improbabile aurora boreale.

folla-natale-compere

Quando arrivai all’imboccatura del viale che portava al nero monolite mi ritrovai risucchiato in un ingorgo di automobili. Le due corsie erano diventate un fiume in piena a senso unico. La via illuminata a giorno con fari spettacolari, le palme erano cresciute nel giro di un mese e ricolme di addobbi meravigliosi. Uomini in abito elegantissimo indicavano i parcheggi con una precisione maniacale, due a destra, due a sinistra, una al centro, prego da questa parte.

Cercai di spiegare che volevo solo girare l’auto per andar via. Certo, il secondo parcheggio a destra! Benvenuto! Quanta educazione! Dovetti ammettere che ci sapevano proprio fare! Il cuboide nero luccicava, talmente era pulito. Una stella cometa campeggiava sulla scritta Nuova apertura. La porta risplendeva. Una volta sceso dall’auto mi ritrovai in una fila ordinata e silenziosa, gli altoparlanti alternavano canzoni natalizie ad auguri sinceri per un buon natale ed un felice anno nuovo. Molti erano i visi conosciuti, alcuni mi fissavano divertiti, altri con sguardo trasognato canticchiavano sottovoce.

Il sindaco si fece largo fra la folla seguito da tutta la giunta comunale. Alle 23.59 venne tagliato il nastro e contemporaneamente il cielo si illuminò a giorno. Fuochi d’artificio disegnavano nella notte il nome della nostra città, poi un cuore, a seguire una palma, un fiore, una cometa. Ogni figura era seguita da applausi e commenti. La fila avanzava unita e rispettosa. L’ultimo fuoco, il più bello, il più luminoso, fece impallidire anche la Luna. La scritta “Nuova Apertura” si stagliava alla conquista del cielo intero.

Tutti cantarono, con le lacrime agli occhi, stretti ai propri cari, bambini, amici, conoscenti, amanti, mogli, mariti. “We are the world We are the children We are the ones who make a brighter day” Tutti si sentirono parte del mondo, senza distinzioni, capaci di illuminare il nuovo giorno. Tutti tranne me. Ero lì per caso. Indifferente sorseggiavo il mio spumante.

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