IL WEB NON È DEMOCRATICO
di Marina Garau Chessa
Il web non è democratico. Proprio no.
Dando una rapida occhiata ai social network e alla società attuale, mi è venuta in mente la frase di Olof Palme:
«I diritti della democrazia non sono riservati ad un ristretto gruppo all’interno della società. Sono i diritti di tutte le persone.»
Parole che restano teoriche ed idealiste, dato che in un posto senza censure come il web ci sono ancora cose che non si possono dire; argomenti di cui non si può parlare. Sui social network, infatti, tutti possono scrivere fesserie ma non tutti hanno libertà di parola.
Il web dovrebbe dare a tutti la possibilità di parlare, ma poiché non tutti vogliono ascoltare, gli argomenti scomodi vengono nascosti, osteggiati o evitati. La dimostrazione è confrontare ciò che si legge con gli articoli di giornale.
La selezione degli argomenti di discussione, infatti, procede di pari passo con il tentativo di limitare o eliminare i diritti acquisiti. Siamo abituati, infatti, a vedere scatti intimi e privati di personaggi pubblici e non, che però rientrano in una reclamizzata idea di “mondo perfetto”, in cui impera un certo tipo di famiglia e la società funziona bene così.
Una mamma, ad esempio, può parlare liberamente della sua gravidanza ma una donna non può parlare liberamente di un aborto o della propria decisione di non avere figli. La vita della donna, in qualche modo, è ancora legata alla maternità.
Si dà risalto, quindi, ai dettagli di gravidanze di vip (di cui non ci importa comunque granché), ma si è parlato di sfuggita del provvedimento del tribunale di Verona del 5 ottobre di quest’anno che ha dato molto spazio alle iniziative pro-life.
La famiglia “tradizionale” (come se fosse possibile definire un tipo di famiglia standard), viene difesa da diversi schieramenti politici.
Quindi, anche se non stiamo a sentire gente come Pillon, le immagini di famiglie “padre-madre-figlio” sono in numero nettamente maggiore rispetto alle immagini di famiglie di divorziati, omosessuali, o di famiglie allargate di qualsiasi tipo. C’è da scommettere che si interverrà anche sui (pochi) diritti acquisiti a riguardo.
Sono solo un paio di esempi, eclatanti, di ciò che si sceglie di vedere della società. Chi non si uniforma, chi vuole cantare fuori dal coro, viene “bannato”, ridicolizzato e i post segnalati senza un valido motivo.
Non si vuole discutere, ascoltare e, di conseguenza, capire: si vuole mostrare il mondo che la propaganda politica desidera; un mondo da famiglia del Mulino Bianco che risponde a certi standard e che, almeno dall’esterno, funziona.
Non so voi, ma un mondo in cui regole e apparenze sono più importanti delle persone, mi fa molta paura; e spero che il fiume esondi, distruggendo il Mulino dell’ipocrisia e lasciando spazio ad una costruzione più democratica ed umana.