STORIA DI MICHELANGELA
di Maurizio Casu
*questo racconto è liberamente ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto
31 dicembre 1958.
La corriera avanza fra i fossi ed il fango. Di tanto in tanto si ferma per far salire chiunque si trovi lungo il suo cammino. Il sole sprofonda oltre l’orizzonte illuminando dal basso le nubi sovrastanti. L’autista intona sottovoce “nel blu dipinto di blu”, il brano che ha vinto l’8° Festival della canzone Italiana, per la prima volta trasmesso in televisione. Un rosario appeso allo specchietto retrovisore ballonzola seguendo l’umore della strada. L’autista si chiama Franco, ed ogni mattina all’alba traghetta anime dal villaggio della miniera fino alla città, per poi rientrare verso sera. Parla poco e conosce tutti. Non si sale sulla sua corriera per caso. La strada volge al termine, costeggia il cimitero a picco sul mare, sale ancora un po’ verso un cielo rosso fuoco e poi giù fino alla piazza. L’anno volge al termine. Il circolo impiegati, il dopolavoro operai, gli uffici della direzione, della guardia di finanza e l’ufficio postale. Un gruppo di persone attende il rientro dei propri cari o delle missive affidate all’autista. Una signora chiama il nome della figlia, è dal pomeriggio che non riesce a trovarla. Si respira aria di festa. Alla latteria non hanno visto Michelangela. Gli operai preparano i festeggiamenti al dopolavoro e gli impiegati al circolo. La corriera è ferma, i passeggeri scendono e Franco scarica i bagagli. Un pacco per il brigadiere e i saluti per il dottore. In barberia si parla ancora della nazionale di calcio. Franco è l’ultimo cliente della giornata. Non ci siamo qualificati ai mondiali. Ha vinto il Brasile, trascinato da un ragazzino di 17 anni di nome Pelè. La stessa età di Luigi, il figlio del barbiere. A Luigi trema la mano, sembra nervoso e distratto. Quattrocento lire per la barba. L’autista lo rimprovera bonariamente, paga e va via con un graffio sul collo. Le luci si spengono sul salone, sugli specchi, sulle piastrelle con decori floreali, sulle sedie e sull’ultima pagina del calendario. Avete visto mia figlia? No signora. Il Brigadiere accende un’altra sigaretta. Arriva dal Veneto, mandato in Sardegna per punizione. In un villaggio di minatori, dove non succede mai niente. La donna è qui per denunciare la scomparsa di Michelangela. Uscita di casa nel pomeriggio ed ora svanita nel nulla. Non si è preoccupata prima perchè pensava fosse in piazza a giocare con gli altri bambini. Qui non è mai successo nulla. Ha chiesto in giro e pare che nessuno l’abbia vista. Non alla latteria, non in piazza e neanche in spiaggia. La sigaretta è ora un mozzicone. Verranno organizzate due squadre per le ricerche.
Un rivolo di fumo si leva dal posacenere. Dalla strada arrivano le note di “love letters in the sand” di Pat Boone. “Now my broken heart aches with every wave that breaks…” Il rumore delle onde cavalca il maestrale e la piazza pullula di persone. La notizia è nell’aria. Una squadra verso la spiaggia, una verso la collina. La festa è finita. Un uomo affannato si fa strada fra la folla, deve parlare con il brigadiere Sella. E’ il proprietario della barberia. Lasciatelo passare, è nervoso. Un bandito ha minacciato suo figlio con un fucile. La luce della luna proietta ombre sinistre. Il dottor Gaia, di origine Senese è il medico della miniera, accompagna il brigadiere Sella a casa dell’uomo, dove li aspetta un ragazzino di 17 anni. Figlio d’arte, figlio di bottega, apprendista barbiere. Sembra tranquillo, non ha subito violenza. Racconta, descrive, spiega. Il dopolavoro, gli amici, una partita a biliardo e poi la spiaggia. “… in the sand” Da solo a guardare il mare, prima sul ponte, poi sul lato destro della spiaggia verso gli scogli. Rumore di passi, una voce roca. E’ un uomo. Un bandito venuto dal buio. Barba incolta, capelli lunghi, un fucile. Un moschetto automatico. Vuole i suoi vestiti. Il ragazzo ha una memoria di ferro. L’uomo insiste, punta l’arma. Il ragazzo si spoglia e consegna gli abiti. Hai visto Michelangela? Il ragazzo mente. Il dottor Gaia lo osserva. No signore. Il brigadiere accende l’ennesima sigaretta. In strada continuano le ricerche, qualcuno accenna un timido augurio di buon anno. Luigi viene accompagnato in caserma. E’ da poco passata la mezzanotte. I tre attraversano la piazza, costeggiano l’ufficio postale. Alcune donne osservano la scena. La festa non è mai cominciata. Quattro mura, le sbarre, domande, risposte, bugie. Il latrato dei cani penetra dalle fessure fin dentro l’edificio. Hanno trovato qualcosa in spiaggia, sotto al ponte. La verità, vogliono la verità. I vestiti sono nascosti fra le rocce, in attesa che il proprietario torni a recuperarli. La cella è una nube di fumo. Il bandito, la barba, il moschetto. Menzogne. La bambina, dov’è la bambina? Il gelo si insinua nella stanza, cristallizza l’aria, i pensieri ed i volti dei presenti. Le mani sulla fronte, il busto piegato in avanti, una lacrima. Un sussurro avanza in lontananza, diviene una voce, sempre più vicino, urla. E’ morta. Un singhiozzo, poi un altro. Sono stato io. Buio, silenzio, freddo. Un tubo di piombo, un mare di lacrime, un lago di sangue. Un operaio ha trovato il corpo della bambina, vicino alla falegnameria. Il mondo intorno si sgretola, cade giù a pezzi e si dissolve nel nulla.