IL CINECOLOGO – “LA MESSA E’ FINITA”
di Cinecologo
LA MESSA E’ FINITA (1985)
Don Giulio, sacerdote inviato in missione in un Paese lontano per alcuni anni, ritorna a Roma, sua città natale, dove gli viene assegnata una piccola parrocchia di periferia. Ristabilisce i rapporti con la sua famiglia e cerca di riprendere i contatti con gli amici d’infanzia. Tuttavia, ben presto si accorge che ogni cosa è cambiata: il suo amico Saverio, deluso da una storia d’amore finita male, è divenuto paranoico ed è chiuso in casa. Cesare dichiara di voler avvicinarsi al cattolicesimo, ma la sua sembra una decisione di convenienza e non dettata da vera fede. Un altro amico, Andrea, ha un passato di terrorista ed è alle prese col processo. L’ex parroco, don Antonio, vive vicino alla chiesa e ha messo su famiglia. Un altro amico, Gianni, vive la sua omosessualità non dichiarata. Don Giulio non riesce a far breccia in nessuna delle loro vite. La situazione peggiore è però all’interno della sua famiglia, dove suo padre, ormai anziano, prende una cotta per una ragazza molto più giovane e lascia la moglie, che entra in una profonda depressione. Mentre il giovane prete perde l’entusiasmo che aveva caratterizzato il suo arrivo nella parrocchia, sua madre, incapace di accettare l’addio del marito, si toglie la vita. Come se non bastasse la sorella Valentina gli comunica che ha intenzione di andarsene a vivere da sola e di abortire il figlio avuto con il fidanzato Simone, un giovane uomo immaturo e stravagante che ha come unico interesse il birdwatching sui monti. Celebrando la messa per il matrimonio di Cesare, Giulio annuncia ai fedeli di voler lasciar la parrocchia per andare in una sperduta missione in Patagonia, dove per molti anni ha svolto la propria opera un frate francescano da lui incontrato a Roma. Il confronto con gente semplice e povera darà a Don Giulio l’occasione per recuperare la fede nel sacerdozio. (fonte Wiki)
VALUTAZIONE CINECOLOGICA
Il film preferito di Kierkegaard (fosse stato in vita). Crisi di vocazione che si fa crisi esistenziale tout court,
paradigmatica di un’intera umanità. Quel “pungolo nella carne” che afflisse il filosofo danese nel suo “assoluto rapporto con l’Assoluto” tormenta, qui, Don Giulio (Moretti). La solitudine di fronte alla vertigine delle possibilità che si escludono a vicenda. Liricissimo e triste, ma dotato dell’amara ironia (morettiana) che tanto sarebbe stata apprezzata da Soren, è anche uno dei più dechirichianamente metafisici del nostro.
• MOMENTO O FRASE DA RICORDARE: Don Giulio che copre, con una radiofonica Bertè, le parole della sorella. VOTO: 4/5
®Riproduzione Riservata