DIFENDERE L’INDIFENDIBILE: SOTTO A CHI TOCCA
di Gianni Carboni
Un mix fra compassione, rabbia e istinti annessi, talvolta pericolosi, di quelli che ti portano direttamente dalla ragione al torto in un nanosecondo.E’ quello che provo verso chi, contro tutto e (vorrei dire tutti ma purtroppo debbo dire che sono ben) pochi, continuano nell’ostinata difesa di un sistema, qualsiasi esso sia, che seppur incontrovertibilmente ingiusto gli consente di mangiare. E non hanno un benché minimo quantitativo di onestà intellettuale nel dire: «io da quel sistema ci mangio, è vero, ma devo ammettere che è un sistema ingiusto».
No, non ci riescono.
In cuor loro taluni di essi lo sanno, in fondo, che è così (altri invece non hanno proprio la materia grigia per arrivarci). Ma non riuscirebbero ad ammetterlo neanche davanti alla più incredibile delle evidenze.
Magari non è neanche colpa loro se ci sono finiti dentro, a quel sistema. Probabilmente lo hanno anche fatto in buona fede e speranzosi di poterlo cambiare, quel sistema. Sarebbe anche possibile che abbiano provato a farlo, per poi ovviamente dopo ben poco adeguarsi per paura di essere cacciati, da quel sistema.
Eppure non ci sarebbe nulla da difendere, nulla da inventarsi, nulla di che autoconvincersi. Le loro arrampicate sugli specchi potrebbero essere sgamate anche da un bambino con bagagli ancora minimi di istruzione, per quanto palesemente grottesche. Ma loro lo fanno lo stesso, costi quel che costi, fino alla fine.
Non esiste settore virtuoso ovvero più o meno buono.
Che si tratti di banche, di pubbliche amministrazioni, di pensioni rubate, di intrecci di potere e privilegi che, quelli sì, non vanno mai in prescrizione.
Qualunque sia l’argomento, la prassi è sempre la stessa: difendere l’indifendibile.
Ecco, io queste persone davvero non riesco a tollerarle e sprigionano la parte più intollerante di me, che equivale a praticamente tutto me stesso in questo periodo. È proprio per dolo, non solo colpa, di queste persone che le paludi affiorano e che il declino regna. Ciò che siamo è anche la conseguenza di ciò che non vogliamo ammettere di essere o di farne parte.
Scendere in piazza per difendere ciò che ci sta uccidendo ma che solo apparentemente ci sta sfamando è uno dei peggiori mali dei nostri tempi.
E badate bene, chiunque stia a leggere, nessuno di senta escluso.
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Bravo! Sono (siamo?) troppi! Andava detto. Bella analisi!
Ti ringrazio Pasquale.
Tutti noi abbiamo i nostri scheletri nell’armadio.
Però questo non significa che bisogna cancellare la nostra onestà intellettuale quando dobbiamo valutare la sensatezza o meno di un sistema, di una cerchia di persone, di un’abitudine.
Il problema è che di onestà intellettuale ce n’è sempre di meno.