STORIA VERA DI JACK
DI sANTIAGO mONTRéS
Salve! Noi non ci conosciamo ma io conosco voi. Beh, non tutti ma alcuni sì. Mi passate accanto e nemmeno mi vedete, ma la colpa non è vostra, sono io che mi rendo invisibile, anche perché, non c’è da stare tranquilli quando si vive per strada. Quelli che mi notano, a volte mi lanciano sorrisetti carini oppure mi accarezzano sotto il mento e sulla testa, ma quello che mi manda su di giri, è il grattino sulla pancia, potrei seriamente perdere la mia dignità per questo, dopotutto sono un discendente delle antiche stirpi feline dei faraoni. Per mia fortuna questa cosa la sanno solo in pochi.
Bazzico nella periferia da un po’ di tempo. So che non sembra ma comincio a sentirmi vecchio, per fortuna vivo in luogo dove il sole non manca mai, nelle calde giornate primaverili mi vado a raggomitolare nel parco qui vicino e dormo un po’. Vicino c’è una biblioteca. Le signore che ci lavorano sono sempre gentili come me, mi danno da mangiare e dell’acqua fresca e pulita, non come quella che in genere sono costretto a bere dalle pozzanghere o quella stantia delle fontanelle, quando ne trovo una…
Dura la vita sulla strada, sempre a guardarsi intorno per evitare brutti incontri: autisti che sfrecciano per la via sentendosi i padroni delle strade, senza pensare che potrebbe passare chiunque, non solo animale ma anche un umano, in particolare i loro cuccioli. Alla mia età, benché ancora agile e scattante, le corse non fanno certo bene alle mie vecchie ossa. Ho dei momenti di relax che mi ripagano dai momenti meno agiati di questa vita. L’estate è terminata, ma qui il tempo fa un po’ come gli pare. Se in città piove, qui, che siamo in periferia, magari c’è il sole e certe giornate autunnali sono più estive dell’estate stessa… o quasi.
Come ogni mattina mi reco dalle mie amiche in biblioteca. In giornate come questa lasciano sempre una porta aperta per far circolare meglio aria, dicono loro. In realtà, credo la lascino aperta per me, devono aver saputo che mi piace leggere; allora silenzioso mi aggiro tra gli scaffali dei libri. Non voglio disturbare chi è immerso nella lettura. So quanto può essere fastidioso. Quando trovo qualcosa di interessante, salgo su un tavolo, leggo qualche titolo. Non ho un genere prediletto. Ho la mente aperta e mi piace informarmi su di tutto: dai saggi alle biografie, dai libri storici alla narrativa, dal fantasy alla poesia. No, i giornali non mi interessano, ci sono sempre pessime notizie.
A volte invece, come in questo momento, mi appisolo su qualche libro e riposo un po’, non do fastidio a nessuno, poi questa biblioteca è poco frequentata ed è immersa e avvolta da un religioso silenzio. Sì perché la conoscenza è una dea che elargisce a piene mani e poi, non ti senti mai solo, puoi parlare ogni volta che vuoi con filosofi di centinaia o migliaia di anni fa. È come entrare in un condominio dove trovi gli autori che più ti piacciono. Ti fermi un attimo e ti fai una chiacchierata, come se fossi al bar con un amico.
Una volta lessi un libro che narrava la storia di un ragazzo che aveva fatto il giro dell’America facendo l’autostop per raggiungere degli amici per poi proseguire fino in Messico, fare baldoria e rientrare a casa. Così, senza muovermi d’un passo son venuto a conoscenza di persone e luoghi mai visti e sentiti prima. Chissà, se qualcuno scriverà mai di me… Non faccio niente di speciale a parte mangiare e dormire, ogni tanto una passeggiata, ogni tanto una corsa. Ma va bene così, almeno qui mi sento un po’ coccolato.
È arrivato un ragazzo, si siede al tavolo davanti allo scaffale dove sono sdraiato. Non ho bisogno di aprire gli occhi per sapere che non si è accorto di me, lo sento nell’aria. Si siede e inizia a lavorare al suo computer. Poco dopo, però, si accorge della mia presenza, si alza lentamente dalla sedia, pensa di essere un ninja ma sta facendo un chiasso assordante. Così, col “passo felpato” che non ha, si avvicina a me. Mi sveglio e lo squadro ancora un po’ assonnato. Ha un cellulare in mano e mi scatta due foto. Perfetto! Presto anche io sarò su Facebook!
Mentre scatta la seconda foto mi chiama Jack, ma io non mi chiamo Jack. Io mi chiamo… beh a dire il vero non lo so, nessuno mi ha mai dato un nome. Ad ogni modo, arriva la bibliotecaria, lo informa che il mio nome è un altro, non riesco a capire bene, ognuno me ne dà uno diverso ogni volta che mi incontra per strada.
Il ragazzo spiega perché mi ha chiamato Jack. Dice che mi vede spesso all’entrata della biblioteca, e aggiunge che mentre mi osservava non ha potuto fare a meno di darmi un nome letterario, la sua scelta è stata piuttosto semplice. Conclude dicendo che quando non sono impegnato a dormire sui libri, vivo “Sulla strada”, perciò poteva benissimo chiamarmi Jack, come Jack Kerouac.
Questo fa di me un gatto letterato, come Zorba o il felino della favola che indossava gli stivali o ancora il gatto del Ceshire, meglio noto come “Stregatto” e chissà magari quanti altri. D’ora in poi, a chi me lo chiederà, dirò con orgoglio: «Il mio nome è Jack.»
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