RITORNO AL FUTURO – VIAGGIO NEL TEMPO
di Daniele Salis
Testo integrale dello spettacolo “Ritorno al Futuro – Viaggio nel tempo” sull’evoluzione del ruolo femminile nella società.
(Rumore Radio)
Sono le 21 e 45 minuti primi, siamo in diretta e un leggero vento rende
piacevole il clima di questa notte estiva. Qui in studio gira il ventilatore, girano i dischi sul piatto mentre accendo un’altra sigaretta. Lo sentite l’odore di fumo… a proposito, voi cosa state facendo là fuori?
(Rumore Radio)
(Sirene)
1903 – Il deputato
Salvatore Morelli sostiene: “la tutela lavoratrici, il diritto di voto, la parità dei coniugi, diritti/doveri”
Civiltà Cattolica: Iddio scampi le fanciulle da quell’educazione che il deputato
Morelli desidera di vedere attuata legalmente.
1904 – Ammissione delle donne alla professione di avvocato – Sciopero Sigaraie Manifattura Tabacchi di Venezia.
1906 – Sciopero “rivoluzionario” tessili e cotoniere di Torino – Richiesta giornata lavorativa di 10 ore.
1911 – Aumento iscritte alla scuola media.
1919 – Tutti al mare con braccia e gambe scoperte; no abbronzatura.
1927 – Le donne sono escluse dall’insegnamento della storia e della filosofia; Nobel a Grazia Deledda; Costumi da bagno con cranio Mussolini (antesignano della t-shirts)
1930 – Moda: si accetta l’abbronzatura, leggero trucco e gonne un palmo sopra il ginocchio.
1933 – Saga matrimoni: i fascisti perfetti si sposano per costruire una famiglia modello.
1937 – Pacchi-dono e sgravi fiscali a famiglie prolifiche.
Ferdinando Loffredo pubblica “La politica della famiglia” in cui la donna è considerata un essere inferiore, meno intelligente dell’uomo, per niente adatta a studio o lavoro che mascolinizza, rende sterili e danneggia la stirpe.
1938 – un decreto legge stabilisce che negli impieghi pubblici e privati solo il 10% dei posti di lavoro poteva essere riservato alle donne il cui ruolo era quello di accudire la casa e di generare figli da offrire alla patria.
1944-45 – Lotta partigiana. La resistenza delle donne. Donne partigiane.
1946 – Le donne votano!
Periodo di rinascita, gli anni ’50 sono il decennio del rock ‘n’ roll, dei blue jeans, delle tshirt, dei pattern a pois; è il momento in cui cominciano a comparire i primi bikini. Ora sono la televisione e il cinema americano a dettare moda e a influenzare gli usi e i costumi nel vecchio continente. C’è lo stile della perfetta casalinga americana e c’è quello più appariscente delle pin up. Per la prima volta nella storia la moda arriva anche dal basso tanto che i giovani riescono a creare una propria identità indipendente, andando così a influenzare i dettami delle case di moda. Il 3 Gennaio 1954 comincia ufficialmente la programmazione RAI. L’autoregolamentazione dell’epoca prevedeva, tra i suoi principi fondamentali, la non accettazione di scene turbanti la pace sociale ed incitanti all’odio di classe, il rispetto dei valori familiari e religiosi, della “santità matrimoniale” e il rifiuto delle scene erotiche. C’è il modello della casalinga perfetta, gli elettrodomestici ad addolcire le ore nella dimora domestica e poi c’è il rock ‘n’ roll e i desideri… quelli no, non si possono chiudere tra quattro pareti. Al marito è ancora riconosciuto lo ius corrigendi nei confronti della moglie. Nelle fabbriche le donne sono relegate nelle categorie e qualifiche più basse e private di ogni possibilità di avanzamento di carriera. E la casalinga perfetta vuole prendere la parola.
Il dottor Alfred Kinsey terminava i suoi studi a Harvard e intraprendeva la carriera di zoologo con uno studio meticoloso sulle vespe, fu una pura combinazione a farlo passare dalle vespe… al vespaio sessuale: un corso estivo sul matrimonio affidatogli dall’università. Si decise a iniziare una sua personale indagine in proposito. Con coraggio il settimanale Oggi, nella bacchettona Italia degli anni ‘50, pubblica alcuni stralci del rapporto Kinsey ma per “proteggere” i propri lettori e le proprie lettrici, prende la precauzione di “nascondere” queste pagine al centro del giornale, “…affinché possano
agevolmente eliminare questo servizio e staccarne le pagine”. Dal rapporto emerge che: la maggior parte degli uomini è assolutamente inesperto su come “trattare” le donne. Su un campione di 5.940 donne emerge che il 20% tradisce il proprio marito, contro circa il 50% della parte maschile; circa i due terzi dei matrimoni entrano in crisi per ragioni legate al sesso e il 75% dei divorzi è legato a “disarmonie sessuali” tra i coniugi. Il 37% dei maschi ha avuto almeno un’esperienza omosessuale e il 10% dei maschi americani è stato pressoché esclusivamente omosessuale per almeno tre anni tra i 16 e i 55 anni”. Mentre “per le donne in età compresa tra i 20 e i 35 anni, dal 2% al 6% sono pressoché esclusivamente omosessuali”. “L’autosoddisfazione”, come viene chiamata nel Rapporto, emerge come “il secondo grande sfogo sessuale tra le donne di ogni età”.
Se la casa nel suo complesso si trasforma negli anni del miracolo economico del ‘60, i cambiamenti più rilevanti avvengono in cucina con l’introduzione degli elettrodomestici che in questo periodo diventano effettivamente beni di massa. Le nuove cucine a gas, i frigoriferi, gli aspirapolvere e la lavatrice modificano il modo di organizzare i lavori domestici e le cure familiari. Le donne si affrancano, grazie al frigorifero, della quotidianità della spesa alimentare e possono preparare cibi da utilizzare per più giorni. Le cucine a gas incorporano il forno e questo consente di variare e semplificare
i tempi preparazione dei cibi. Aspirapolvere e lavatrice, a loro volta, ottimizzano i tempi tradizionalmente impiegati nella la cura della casa. Gli elettrodomestici contribuiscono quindi potentemente a modificare gli stili di vita della famiglia italiana e delle donne in particolare, che hanno a disposizione molto più tempo libero da dedicare alla cura dei figli ma anche alla cura personale e agli hobby, parola che si afferma proprio in questo periodo ad indicare la possibilità, grazie al nuovo benessere di impegnarsi in attività non remunerative solo per il piacere di seguire le proprie inclinazioni. Naturalmente questa
nuova ottimizzazione dei tempi entra in sinergia anche con la possibilità, per le donne, di gestire oltre che i lavori domestici, un’attività lavorativa. Nel complesso insomma la razionalizzazione offerta dagli elettrodomestici alle attività casalinghe costituisce un potente stimolo alla trasformazione del ruolo sociale della donna, avviandola verso una più ampia emancipazione.
Il 1960 è l’anno della dolce vita, consacrato anche dalla famosa pellicola di Federico Fellini che fa gridare allo scandalo. La Fiat 600, nata nel 1955, conosce in questi anni il suo momento magico, diventando l’auto preferita dagli Italiani. Alla radio nasce “Tutto il calcio minuto per minuto”, storica rubrica radiofonica della domenica; tra gli speaker si distingue subito Sandro Ciotti, che in breve tempo diventa una delle voci più familiari a tutti gli sportivi italiani. Per il cinema è l’anno di “Psycho”, di Alfred Hitchcock. un capolavoro unico nel suo genere.
Negli anni ’60 in televisione partono le prime trasmissioni di “Tribuna politica” e “Non è mai troppo tardi”, le indimenticabili lezioni scolastiche del professor Alberto Manzi. La canzone più ascoltata è “Il cielo in una stanza”, sia nella versione di Mina che in quella di Gino Paoli, mentre al festival trionfa “Romantica”, che decreta il successo di Tony Dallara. Nello stesso anno Ray Charles compone la splendida “Georgia”. Verso la metà dell’anno
fanno la loro comparsa le prime radio a transistor che sostituiscono i più vecchi ed ingombranti apparecchi a valvole: è il boom delle radioline portatili a batteria che gli Italiani si portano dietro un po’ dappertutto.
Gli anni ’60 sono un periodo di profondo rinnovamento della società: nella moda, poi, convivono moltissimi stili, tra i quali spicca quello della modella Twiggy, vera e propria icona dell’epoca. E’ stata lei che, scelta da Mary Quant, ha lanciato la minigonna. Sono gli anni in cui il mondo occidentale cambia radicalmente faccia, è il decennio in cui i giovani insorgono e propongono nuovi modelli di vita, contrari e antitetici all’imperante società dei
consumi. Sono gli anni delle contestazioni studentesche, della rivendicazione della libertà negata e della strenua opposizione alla guerra. Il variegato universo dello stile raccoglie gli spunti e crea tendenze così diverse tra loro da apparire contrarie al concetto stesso di moda: da questo decennio in poi sono i giovani a creare il proprio stile e, rinnegando il passato, danno vita a look nuovi e provocatori. Ecco perché nel corso degli anni ’60 convivono tra loro moltissimi stili: si passa da quelli influenzati dalla musica, al look dei
“contestatori”.
Quando le giovani più temerarie cominciarono ad indossare la minigonna, quel gesto si caricò, nel nostro paese, di un significato che andava oltre l’esibizione delle gambe e rappresentava “la disobbedienza”. Le ragazze erano sempre meno disposte ad accettare che i genitori impedissero loro di avere una vita privata, propria, autonoma e libera. Essere libere e indipendenti diventava un obiettivo da raggiungere al più presto. “Nessuno mi può giudicare” affermava perentoria Caterina Caselli al festival di Sanremo del 1966, “nemmeno tu” diceva, rivolgendosi al fidanzato che aveva appena tradito. La canzone esplicitava la necessità dei rapporti sessuali prematrimoniali, un vero e proprio
tabù che iniziava lentamente a crollare, unitamente a quello della verginità e della purezza da conservare per il fatidico giorno del matrimonio. Le donne volevano cercarsi il partner, scegliere loro, cominciare a dire no ai genitori troppo “premurosi” verso la loro vita sentimentale. Le “bamboline”, infatti, nel 1966, cominciavano a dire “no, no, no”, proclamavano di non lasciarsi più girare come fossero bambole e poi “buttare giù”: “no, ragazzo, no/ tu non mi metterai/ fra le dieci bambole/ che non ti piacciono più”.
Gli anni ’70 continuano sulla potente scia di rinnovamento che aveva caratterizzato il precedente decennio. Fermenti sociali, lotte operaie e azioni di protesta collettive sono il background di un mondo in continuo divenire, in cui consumismo e spirito anticonformista convivono in un unicuum sociale. Le lotte per i diritti civili ridisegnano i contorni della società occidentale, una società in cui a mutare è soprattutto la visione della donna e della parità dei sessi. Tali profondi cambiamenti non poterono non riflettersi sul mondo della moda che, accanto alle tendenze hippy, ridisegna la figura di una donna sempre più emancipata, che porta i pantaloni e che scopre il suo corpo. La
parola chiave per questo decennio è colore. Il colore si posa su ogni capo di
abbigliamento, dalle camicie ai miniabiti, fino alle scarpe.
Negli anni ’70 il femminismo in Italia si fa portatore di nuove esigenze. Nuove richieste ed esigenze che prendono il nome di liberalizzazione e indipendenza. Liberalizzazione del ruolo della donna e indipendenza della stessa, corredata dalla capacità di autodeterminarsi e gestirsi, con o senza un uomo, alle spalle o al proprio fianco. Seguendo il motto di “Donna è bello, donna non si nasce, si diventa” negli anni ’70 nascono, anche in Italia, complice il fermento sociale e culturale del periodo, numerosi gruppi e collettive femministe in cui le donne dialogano, si confrontano, si riuniscono e si organizzano. Si criticano i modelli patriarcali legati al maschilismo. Si mettono in discussione gli ordini precostituiti, imperniati sulle figure maschili di riferimento. Si pongono al centro del dialogo e dibattito le istituzioni e i valori imperanti nella società di
tipo patriarcale. Il femminismo è stato il primo movimento politico di critica storica alla famiglia e alla società.
E poi c’è il calcio… Dopo aver vinto tutto con il Milan, nel 1965 Josè Altafini, brasiliano di origini italiane, è protagonista di un sorprendente passaggio al Napoli. Al San Paolo l’attaccante, 34enne, viene visto come il leader incontrastato del gruppo, al punto da potersi permettere di suggerire le mosse di mercato. Nell’estate 1967 José consigliò di portare in azzurro Paolo Barison, suo ex compagno al Milan, ma soprattutto suo grande amico, in pochi, anzi nessuno, potevano immaginare cosa ci fosse dietro: coniugato con una connazionale, Altafini aveva perso la testa per Annamaria Galli, moglie proprio di Barison. Ma sono gli anni 70, i tempi sono cambiati, le donne scelgono e mentre l’Italia grida allo scandalo Annamaria Galli lascia Barison e figli per
vivere la sua storia d’amore. Il 1º dicembre 1970, nonostante l’opposizione della Democrazia Cristiana, il divorzio diventa legge.
Il codice in vigore dai tempi del fascismo lo puniva come “delitto contro l’integrità e la sanità della stirpe” ma gli aborti clandestini esistevano. Si era creato un enorme giro di affari e purtroppo anche di vite. Sono soprattutto le donne dei ceti più umili ad essere maggiormente esposte a rischi non
avendo la possibilità di sostenere spese troppo elevate. Il movimento Femminista rivendica la libertà di scelta. Nel 1973 il deputato socialista Loris Fortuna presenta un progetto per l’abrogazione della legislazione fascista. Nel 1975 vengono istituiti consultori di maternità con la funzione di prevenire l’aborto, diffondendo la conoscenza dei metodi contraccettivi (fino al 1971 ne era vietata persino la propaganda) e aiutando a programmare la maternità. Viene proposto un referendum nazionale per la depenalizzazione dell’aborto. Nel frattempo la Corte costituzionale dichiara parzialmente illegittime le norme del codice civile. Ha inizio quindi un confronto tra le diverse
forze politiche del paese. Dopo un primo dibattito con relativa elaborazione di un testo unico (comunque contestato in alcuni punti dalle femministe), nell’aprile 1976 ha inizio la discussione vera e propria. A sorpresa però la Dc presenta un emendamento per riconoscere di nuovo l’aborto come reato punibile. La legge sull’aborto non passa. La crisi del governo Moro e le elezioni
anticipate bloccano qualsiasi iniziativa e discussione. 1978: arriva la legge, le donne possono finalmente scegliere.
Nell’Italia degli anni ’70, in un Paese ancora prigioniero dell’ipocrisia sul sesso, un gruppo di ribelli comincia una battaglia contro la censura e il comune senso del pudore, attraverso l’arma della pornografia. Un’agguerrita armata di sognatori il cui obiettivo era quello di sfondare il perbenismo borghese e cattolico e sconfiggere sensi di colpa e tabù che avevano soffocato il sesso e l’amore: insieme fecero tremare la chiesa, la politica e le istituzioni. Dall’italiano Lasse Braun che inventò lanciò e sdoganò la cultura del porno in tutto il mondo, a Riccardo Schicchi maestro di provocazioni e alle trasgressioni a Ilona Staller “Cicciolina”. E poi c’è Giuliana Gamba che da assistente di produzione passa ben presto alla macchina da presa. Nei suoi film cerca di raccontare l’erotismo dal punto di vista femminile ironizzando sul mondo maschile. Alla Gamba non viene risparmiato nulla e riceve attacchi da ogni fronte… perché l’erotismo, il piacere e il desiderio, l’affermazione di un immaginario sessuale ad una donna non si perdona.
Gli anni settanta sono gli anni delle grandi conquiste femminili anche sul lavoro: il diritto alla parità di stipendio nel settore industriale, agricolo e commerciale, l’istituzione della pensione alle casalinghe, il divieto di licenziamento per matrimonio e il riconoscimento del diritto della donna ad
accedere a tutte le cariche, compresa la Magistratura. Leggi come quella che tutela le lavoratrici madri o quella che prevede l’istituzione degli asili nido, entrambe del 1971, sono modifiche concrete apportate dal neofemminismo per il progresso sociale e civile. Oltre ai benefici pratici derivanti da questi due provvedimenti legislativi, vengono in tal modo riconosciuti il valore sociale e l’importanza del lavoro extradomestico della donna, il cui posto era tradizionalmente tra le mura di casa.
Gli anni Settanta sono quindi un periodo di grandi cambiamenti tecnologici, caratterizzato dall’utilizzazione di nuovi strumenti di ascolto e di diffusione delle canzoni come il mangiadischi, il registratore mangiacassette e i videoclip. I canali di diffusione aumentano e si sviluppano: ai festival e concorsi canori affermati da tempo si aggiungono nuove manifestazioni musicali dal vivo e
concerti sempre più ritrasmessi sui canali televisivi e radiofonici della RAI. Nella seconda metà degli anni Settanta, cominciano poi a diffondersi le radio libere, seguite rapidamente dalle reti televisive private. Questo fenomeno è interessante per diverse ragioni, in quanto le radio libere si rivolgevano a un pubblico di ascoltatori più giovane, portatore di nuovi ideali e spesso meno
conformista dei genitori, e trasmettevano canzoni censurate dalla RAI.
Modi di vestire non convenzionali e alquanto provocatori per contraddistinguersi dalla gente ricca, il rifiuto per qualsiasi forma di controllo: alla fine degli anni 70 arriva il punk. Helena Velena È tra le protagoniste del ‘77 Bolognese, Antifascista, tra le prime personalità del mondo della cultura a
criticare da sinistra il monolitismo sclerotizzato ed imborghesito del PCI. Conduttrice ed animatrice delle esperienze delle “radio libere”, il suo tocco sta dietro i maggiori gruppi della prima scena punk, ma anche delle ondate successive. Oltre ai RAF-PUNK, in cui è coinvolta direttamente, passando dai CCCP ai Disciplinatha, fino ai Black Flag. Helena Velena: Transgender, guerrigliera.
Gli anni 80 sono gli anni dell’edonismo, della voglia di affermarsi e di apparire a tutti i costi. Cresce il progresso in campo tecnologico e con esso il modo di vivere e di lavorare nella società moderna. Nascono i primi computer, i cd e la competizione tra i media televisivi. La neonata Canale5 darà del filo da torcere a “Mamma Rai” fin dai primi anni, costringendola a rivedere simboli e palinsesti per adeguarsi alla concorrenza. La competizione è un elemento dominante anche nel mondo del lavoro soprattutto tra uomini e donne. In Italia i prezzi salgono alle stelle e l’inflazione raggiunge, nella prima parte del decennio, livelli altissimi. Unica certezza la grande ondata musicale di quegli anni, che raggiunge grandi exploit di vendita grazie anche alla diffusione del supporto digitale e la nascita del fenomeno dei videoclips.
Gli anni ‘80 sono eccessivi e contraddittori. Spalline e smanicati, Jeans e magliette, felpe, scarponi. Ci sono i paninari e i dark, la Milano da bere e il lusso, i rimasugli anni ’70 delle larghe gonne a fiori. Sono gli anni della Panda, del Cubo di Rubik e dei cartoni animati. C’è Candy Candy e c’è Lady Oscar. In Italia i prezzi arrivano alle stelle e l’inflazione galoppa. Nelle passerelle tutto questo
prende le forme più strane e variegate. É un decennio di passaggio.
Ci siamo accorti che nel nostro viaggio mancava lui… sì, proprio lui. Il maschio. Se sia voluto o un caso non saprei… ma di una cosa siamo certi “Non è possibile per un uomo essere elegante senza un tocco di femminilità” e se lo dice Vivienne Westwood… ci fidiamo!
Hanno sfilato delle magnifiche Donne: Rita Marras, Tonia Chessa, Barbara Vargiu, Adelaide Sassu, Betta Fanari, Rita Marras, Barbara Tetti, Giusy Marrosu, Chicca Pulina, Alessandra Mura, Rita Diaz, Filomena Costa, Dolores Lai, Sonia Pippia, Diana Pudda, Veronica Pinna, Nadia Madeddu… ed un magnifico Uomo: Corrado Solinas.
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